Le 12 frustrazioni iniziatiche e gli appunti di un giardiniere neofita
- Acquisti irrefrenabili nei vivai di piantine di cui nulla si sa e nulla si saprà poi, perche rapidamente irriconoscibili e perse fra le infestanti.
- Estirpo di tutte le perenni piantate l’anno prima perché scambiate per erbacce…
- Messa a dimora di piante ritenute a rapida e massiva crescita che inopinatamente scompaiono in mezzo ad annuali vigorose.
- Messa a dimora di piante ritenute di lenta e limitata crescita con la conseguente constatazione che enormi cespugli coprono all’improvviso ogni forma vivente a loro limitrofa.
- Acquisto di rampicanti che non arrampicano (garantiti dal vivaista).
- Acquisto di piante ricche di fiori che da quel momento in poi fioriscono parcamente come se dovessero risparmiarsi per imbrogliare qualcun altro.
- Lotta inesauribile alle erbacce.
- Acquisti entusiastici nelle mostre floralistiche di piante che non si sa dove mettere perche con le loro caratteristiche colturali andrebbero in una parte del giardino già super affollato.
- Dramma della potatura con manuale inesplicabile alla mano.
- Dramma della concimazione: quando, quanto e l’ho mica già dato a questa qui?
- Dramma della procedura disinfestante, o i cosiddetti “trattamenti” che oltre a romperti la schiena e a volte ad intossicarti, non ottiene altro, essendo comunque le rose sempre colpite orrendamente da ogni maledizione e gli alberi da frutto mai sanamente fruttiferi. Per non parlare dell’OIDIO, un nome un sentimento, che tutto colpisce senza pietà.
- In fine la contemplazione estatica ed inerme dell’esercito di limacce operose che metodicamente si mangiano l’amata pianta appena scoperta a rispuntare dalla stagione precedente.
Nel 1995, presa da sacro fuoco, intrapresi l’avventura di creare un giardino con la inquietante certezza di non arrivare mai ad imparare tante nozioni necessarie nello stesso tempo in cui mi sarebbero state utili cioè: subito per fortuna amiche già vecchie dell’esperienza e tanta letteratura erano li pronte per aiutarmi.
Consigli opinioni suggerimenti si sprecarono.
Nel caos delle contraddizioni il mio nudo giardino chiedeva prese di posizione e determinazione.
Seguendo il suggerimento che nulla di irreparabile, iniziò un lavoro titanico di diserbo e preparazione di aiuole, il tutto all’insegna di un progetto vago ma ostinato nella concretizzazione.
Niente visione globale degli spazi per me, il senso di vertigine era insopportabile; bensì parcellizzazione autolesionistica.
Da lì in poi ho iniziato senza sosta a mettere, togliere, a spostare di stagione in stagione per poi non ritrovare più piante su cui avevo contato per il progetto finale. Al loro posto trovai una invasione di piccole sconosciute e apparentemente innocue specie vegetali inestirpabili e vigorosamente diffusesi fino nel compost.
Continuo a sperimentare sentimenti violenti e incontrollabili.
D’estate, per esempio, l’odio è feroce e incontenibile e attraversa tutto il giardino di fronte allo sfacelo perpetrato dalla natura matrigna. Attraverso le sue armi imbattibili: calura, seccume, siccità, marciume, muffe, lumache, metcalfa fa del mio eden una foresta ostile. Resto immota, travolta da un sentimento di terrore davanti alla prospettiva ineluttabile, che tutto è stato vano e si ripeterà come in un moto perpetuo. Comincio a desiderare un attico a Manhattan, senza balcone.
E poi arriva l’autunno. E ogni anno un carico incredibile di lavoro mi assale poiché, nonostante tutto, lo sviluppo rigoglioso della stagione spesso ha cambiato i connotati al giardino e delle morti improvvise hanno creato delle voragini visive.
Se non piove ogni anno scavo, sposto, reimpianto, poto, pulisco come un forzato alla Caienna.
Alla fine arriva l’inverno e uno medita. Rileggo ciò che mi ero appuntata sull’agenda “progetti programmi giardino 200…”, e ricarico le pile.
A primavera l’uscita dal letargo è lenta e guardinga all’inizio, e poi in men che non si dica mi ritrovo immersa, travolta in una corsa contro il tempo: se non piove! Altrimenti guardo dalla finestra, inveisco contro Giove pluvio e mi infango.
Via da capo: morte alle infestanti, via con i trattamenti, potatura di alberi, cespugli, rose: taglio o no, basterà? via un altro pezzo.
Dubbi amletici, crisi di coscienza, perplessità esistenziali. Alla lunga un gran lavorare sicuramente per un trionfo compiaciuto alla fine, a cui però la natura eternamente occupata a fare il suo corso, non è estranea.
Per un mese tutto è cosi bello e rifulgente che ripaga undici mesi di agonia.
Da ultimo una soddisfazione, la tua più cara amica anche lei ora ha un giardino.
Anche tu ora non butterai più via nulla. Donerai a lei ciò che a te è stato a suo tempo regalato e accolto con gratitudine.
Piantine rigogliose che dopo sei anni ancora non riesci a limitarne l’espansione, rosai profumati che al primo sguardo si ammalano, cespugli che solo per una settimana all’anno sono belli e per il resto fanno schifo, e figli di quegli alberi da frutto che non faranno mai ne fiori ne frutti.
Lei ti sarà grata, pianterà, ti penserà per un paio di anni con gratitudine guardando le piante donatele e…poi estirperà, taglierà, ti invierà maledizioni fino alla prossima neofita.