Il curriculum verde di Angela
GIARDINIERA GUERRIGLIERA
Per raccontarvi il mio rapporto con il giardino non riesco ad evitare di inserire il primo ricordo legato all’argomento: sono piccolissima, non ancora da scuola elementare, è estate, c’è tanta luce fa caldo e ho un vestitino chiaro. Sono nel campo del nonno Ruben e ci sono i piccoli covoni di fieno ben allineati. In piedi li guardo e ho la consapevolezza che quello che vedo, ascolto e i profumi che sento mi fanno stare davvero bene.
Secondo ricordo della prima infanzia: giardino di casa, papà che pota i rosai, mamma che governa l’orto, calendule e viburnum opulus dove affondare la faccia e poi il giardino – parco del complesso di villa Susanna a Perteole: se mi date un foglio e mi dite di farne uno schema ebbene ve lo farò. Passare ore ed ore con Cristina ad arrampicarsi sui meli dai frutti asprissimi che stavano sul retro del giardino, chiusi da un portoncino in ferro.
A fare traversate scimmiesche attraverso le vecchie liane di glicine che costituiva un improbabile, antico gazebo; anche la traversata della siepe che costeggiava il perimetro del parco era piena di magia, mi ricordo vecchi rami scuri e contorti ma comodi per sedersi e noi ragazzine appollaiate che mangiamo le gialle nespole! Le magnolie a sinistra della villa che incutevano rispetto, ecco ricordo questa sensazione verso queste e i due vecchi Cedri presenti ai lati della scalinata che portava all’entrata principale della villa: rispetto per il grande albero!
Questi erano circondati da rettangoli di ciuffetti di Convallaria japonica e Iris foetida fra i quali si nascondeva spesso Cesarino, un gattone certosino. Mi è impossibile scindere il mio attuale “vivere il giardino” da questo imprinting originario.
Successivamente, da ragazza poco più che ventenne ho fatto due stagioni nel Kober (l’allevamento di viti selvatiche atto a scongiurare la temibile fillossera) proprio con la mamma della mitica Luisa Fornasin: era l’inverno fra il ‘85 e il ‘86 e lì ho capito che non c’era altra strada per me.
Terra, terra e terra!!!
Così, già avanti con gli anni ho conseguito, frequentando a Gradisca, il diploma di perito agrario con successiva specializzazione al Cefap di Codroipo che riguarda più il campo forestale che floricolo-ornamentale e successivamente un corso intensivo (1993) da Enzo Nastati di agricoltura biodinamica.
Dopo varie esperienze in vivai e alla Cona degli albori) mi sono aggiudicata un posticino nella squadra dei giardinieri del comune di Monfalcone. Lì cerco di dare il meglio di me, curo le aiuole con più amore che posso anche se talvolta, anzi, spesso, queste vengono devastate.Ma non mi arrendo e con pazienza rimedio come posso ma con decisione, come ho imparato dall’olmo siberiano, dal fico, dal ligustro…dall’alloro, piante che ricacciano con più vigore dopo che le recidi: vere Maestre di vita!
I libri che mi hanno convinto a intraprendere questa strada sono in sequenza: Marcovaldo e Il Barone Rampante di I. Calvino. La natura della sostanza di Houschka. I grandi alberi e monumenti naturali del F.V.G. della Regione F.V.G..
L’educazione di un giardiniere di R.Page. Il meraviglioso volume che mi regalarono i miei suoceri La grande enciclopedia dei fiori e delle piante di C. Brickell R.H. Society. La Garzantina dei fiori di I. Pizzetti.
Con questo elenco non voglio assolutamente dimostrare cultura (che ovviamente non ho, anche perchè più leggo, più pratico e più faccio corsi e maggiormente mi sento Stupida!) ma solo elencare alcuni insostituibili pilastri per ogni giardiniere. Il Marcovaldo me lo fecero leggere alle medie e l’immagine di questo omino che si accorge della timida erba che cresce fra le fessure dell’asfalto o che nel caos della città scorge il coleottero che attraversa la strada… bè il tutto mi accompagna tuttora.
I parchi e le aiuole della città sono davvero un altro mondo e a volte penso che questo sia l’inferno per le nostre amiche piante: come c’è l’alpinismo estremo, il mio è “giardinaggio estremo”. Giardiniera guerrigliera, ecco ciò che mi sento a bordo dell’Ape Poket, contro il degrado e i vandali: rubano? spaccano? Via in vivaio!!! Rimediamo e sostituiamo. Grazie al Comune (penso che era il 99) ho potuto fare uno stage a Codroipo sulla potatura che come relatore aveva Luigi Delloste uno dei responsabili delle alberate del Comune di Torino oltre che poeta e teatrante: altro sconvolgimento di tutte quelle che fino ad allora credevo certezze!
Poi c’è il nostro giardino di casa, sì perchè non sono la sola a viverci, c’è pure Caio, Cecilia nostra figlia con Rosita e Gustavo i gatti. Nel 2000 cercavamo un albero con casa e l’abbiamo trovato a San Canzian. Caio ha ereditato dai suoi genitori e soprattutto dalla sua mamma, una grande passione per le piante. Ha un’idea di giardino più ordinata della mia e sopporta comunque questo continuo affollamento del giardino che vado a raccontarvi.
Da vent’anni, cioè da quando un amico forestale ci ha donato il libro, ci piace far visita agli alberi più vetusti della regione che sono tanti. Da qui il nostro desiderio dell’albero grande: convive così con noi la Magnolia Grandiflora che domina un giardinetto di 50m2 circa. Ha 45 anni e ne è la padrona anche se c’è una Banksia in agguato. Non sto qui ad elencarvi le piante perché ce ne sono per un giardino di 5000m2.
Piante pestate dalla ruspa, piante trovate in discarica, Piante odiate di cui qualcuno si vuole disfare: eccoci qui, il nostro giardino è il C.A.R.A. Centro Accoglienza Richiedenti Asilo. Lo so, è un caos. Ma ci stiamo di un bene! Mai pensavo di mettere nel mio giardino i nanetti eppure mia figlia mi ha fatto cambiare idea: provate a trovarlo nella foto con la Banksia! La foto con Cecilia e Gustavo ci mostra la Kolkwitzia e il Ceanothus concha in piena e mi piace questo abbinamento! Il Ceanothus madre me l’ha ammazzato il vicino, lo ha potato (l’avevamo piantato nella servitù di passaggio) senza avvertirmi. Non si devono toccare i Ceanothus! Ho fatto delle talee, fortuna ha voluto che attecchisca almeno una: eccola lì.
Angela