Il curriculum verde di AnnaLetizia
Volendo partire proprio dall’inizio, mi rendo conto di avere molti ricordi “naturali”. Quando ero bambina il mio mondo naturale si divideva in due parti-stagioni. Passavo l’estate tra Tavagnacco – ed era popolata da lamponi, pinoli, faggi, ortensie, bocche di leone, gladioli, dalie e cosmee – e Aquileia – la vigna, la raccolta del mais e i tuffi nel grano. Il resto dell’anno a Treviso: i salici piangenti lungo il Sile.
Poi all’inizio degli anni ’70 ci siamo trasferiti a Tavagnacco dove mia madre iniziò a coltivare il giardino ispirata da un viaggio a Stresa e alle Isole Borromee. Improvvisamente la natura si è animata di altre presenze. Amarilli (oggi so che si chiamano Leucojum) bucaneve primule e crocus, i fiori verdi (ellebori), rose e iris. I lavori autunnali: mi spettava raccogliere le foglie secche e tirare fuori dal terreno i bulbi per il ricovero invernale. Le prime prove giardiniere: un ippocastano piantato in mezzo a un prato cercava caparbiamente di crescere, contrastato da mia madre che lo tosava regolarmente, se fosse stato lasciato in pace penso che ora sarebbe un grande albero. Poi una forsythia nata da talea che oggi è un bell’arbusto. Tutto è finito l’anno del terremoto.
Quindi a Udine le scuole e l’università a Padova. Nel 1998 un viaggio di studio a Berlino con visita ai parchi di Potsdam, che erano da poco stati restaurati: una vera rivelazione.
Nel 1999 ho deciso di trasferirmi per impellenti ragioni canine, da un appartamento a una villetta cittadina con un giardino di medie dimensioni.
Il giardino originario era un bosco di conifere con sotto bordure di bosso e felci. Uno alla volta gli alberi se ne sono andati, un cedro malamente colpito da un fulmine, i lavori di ristrutturazione della casa e due trombe d’aria hanno sterminato altri tre alberi: del giardino originario è rimasta solo una magnolia grandiflora, praticamente un’ecatombe!
Quindi nel 2004, ho dovuto ripensare questo giardino. Per prima cosa e senza logica ho stabilito che doveva essere in qualche modo un hortus conclusus.
All’inizio la priorità è stata capire: zone soleggiate e ombrose, terreno umido o secco, piante che nominalmente dovevano stare all’ombra ma non vegetavano, e viceversa; ho spostato, e lo faccio ancora, incessantemente le piante da un punto all’altro del giardino, esultando dei successi.
Inizialmente sono arrivate rose, clematidi e ortensie, poi un paio di camelie, la choisia e le spiree; le catambre (hanno il pregio di scacciare le zanzare), rosmarini, lavande timi, peonie; l’anno scorso degli iris.
Col tempo mi sono resa conto dei problemi da risolvere: fondamentalmente il problema delle zanzare che non permetteva di stare in giardino neanche al cane, poi il caldo torrido estivo accentuato dall’asfalto e dal riverbero della luce solare sulle facciate delle case circostanti: lavori in corso!!! Infine mascherare un po’ gli edifici circostanti.
In questo momento il progetto è l’aspetto che mi interessa di più: mi sto dedicando all’ossatura del giardino, doveva essere il primo passo, ma solo ora conosco la situazione e mi sento abbastanza sicura di quello che sto facendo. Nell’autunno 2012 ho aggiunto un carpino accanto ad altri due che erano stati piantati nel 2005 all’inizio di questa avventura (in confronto è un pigmeo, ma crescerà): avrei dovuto farlo prima. Nell’inverno 2013 ho impostato il progetto di un’aiuola grazie a Matteo e al suo corso di progettazione; inoltre un pergolato. Starò a vedere il risultato.
Ora le rose mi danno soddisfazione e per imparare a potarle nel 2010 sono andata a fare un corso alla Campanella.
C’è ancora tanto da fare e mi aspettano ancora molte sorprese.
AnnaLetizia