Il curriculum verde di Luisa
Perteole, antico borgo rurale, dove sono nata e tuttora vivo con la mia famiglia.
Terra di bassa pianura friulana, terra paludosa, che con l’andar del tempo e le bonifiche si è trasformata in argilla pesante.
La mia casa è stata costruita tra il 1900/1910. Mentre scrivo, i ricordi della mia infanzia scorrono velocemente. I miei avi erano una famiglia numerosa che vivevano
con la mezzadria e la contadinanza poi.
Quando sono nata, i piccoli appezzamenti conquistati con tanta fatica si erano trasformati in una fattoria dove il cibo non mancava.
Avevamo tanti piccoli campi attorno alla casa, con orto, vigna, frutteto, oltre alla stalla, e animali da cortile per la sopravvivenza. Mio padre andava nel torrente Torre a raccogliere la sabbia, la trasportava con carro e cavallo nel cortile della casa facendo delle collinette di sabbia ed in seguito vendeva alla gente per la costruzione delle case, nel borgo c’era anche una fornace dove si fabbricavano i mattoni. E’ lì che ho trascorso la mia infanzia, in quel cortile, dove tutti i bambini del borgo venivano a giocare, si faceva lo scivolo sulla sabbia, e prima che arrivasse a casa mio padre si ritornava ad accumulare la sabbia in modo che non si accorgesse. Aveva anche una vasca abbastanza profonda dove faceva la calce.
A confine del cortile c’erano delle pergole di uva bianca di san Giovanni e uva nera chiamata “amerecana” e una pergola di “bacò “, assieme a alberi di prugne, mele un ciliegio e un noce.
Davanti alla casa c’era un piccolo spazio “il giardinetto” con un gloriet di rose rampicanti e aiuole con bordi in calcestruzzo a forma di pietra fatte a mano da mio padre. Davanti, una siepe di ligustro con il fossato, racchiudeva il tutto.
Avevamo dei gerani detti “canelons” che in inverno venivano tolti dai contenitori di latta e appesi in stalla a testa in giù, in primavera tornavano a germogliare.
Questo era il mio “eden”.
C’erano le stagioni, il nonno ai primi di febbraio, all’alba, partiva con la bicicletta e la falce e andava nei campi a pulire le acacie e tagliare i rovi nei fossati, tra febbraio e marzo si rivestivano di primule e viole, e noi bambine andavamo a raccogliere, assaporando il profumo delle viole e la dolce linfa delle primule. Tra marzo e aprile c’era il profumo delle acacie in fiore e al sorgere del sole un coro di cinguettii e gorgheggi tra merli, usignoli, cardellini…a maggio c’era il taglio del fieno e l’aria si inebriava di mille profumi e all’imbrunire le rondini volavano basse sopra la distesa di fieno a caccia di moscerini per i piccoli. Arrivavano lucciole e grilli per il concerto serale. L’estate e i campi di frumento dove il giallo e il rosso dei papaveri si fondevano in nuvole sgargianti, L’autunno con la vendemmia e i suoi colori, la stagione che preferivo. E poi l’inverno, il riposo, il freddo…
Ogni stagione aveva i suoi profumi, fiori e frutti, la nostra terra stava diventando un giardino dove uomo e natura vivevano in simbiosi.
L’andar degli anni ha trasformato completamente il nostro territorio. Sono rimasti solo ricordi…ora guardo quei fossi strapieni di erbacce, rovi, arbusti, immondizie…e provo sconforto, e un gran rabbia mi assale per l’indifferenza della gente.
Tra gli anni 70/80 incominciarono a diffondersi alcuni vivai di piante e fiori per il giardino, Il clima stava cambiando, gli inverni erano più miti.
Dopo la morte del nonno e di mio padre anche il cortile di casa subì dei cambiamenti drastici, le piante da frutto e le pergole d’uva non c’erano più, il noce venne tagliato, e la poca sabbia rimasta si mescolò alla ghiaia e alla terra. L’erbacce cominciarono a svilupparsi rapidamente, l’unica cosa rimasta era la vasca della calce, non sapevo cosa fare. Nel frattempo, il mio amico Manlio Calvisi, aveva aperto un vivaio di piante acquatiche e mi suggerì di mettere un fior di loto (nelumbus nucifera) e una ninphea. Acquistai qualche rosa una pianta di agrifoglio (ilex aquifolium), una magnolia stellata, una mia amica mi portò due betulle dal bosco di Drenchia, piantai anche un abete (di Natale),iniziarono così i primi approcci con il giardino.
Mi appassionai di piante acidofile in particolar modo di camelie (japoniche e sasanqua) Ne acquistavo in continuazione, i primi anni crescevano rigogliose, e ogni primavera e inverno mi regalavano delle stupende fioriture.
Le betulle crescevano molto in fretta e incominciarono a invadere il giardino, dovetti togliere le camelie dalla terra e metterle nei vasi, ne avevo oltre una ventina. Incominciai ad inserire anche dei phormium, mirti, una mimosa, molti tulipani. Nell’inverno del 85/86 ritornò il grande freddo, morirono quasi tutte le piante. Era tutto da rifare, mi iscrissi a tutti i corsi di giardinaggio, ero ansiosa di apprendere. Quanti errori, quanta fatica, esperienze negative.
Rimasi sbalordita quando Valentino ci spiegava che le betulle erano piante da Siberia, non adatte al nostro territorio, e anche piante allergeniche.
Ci disse che le acidofile, Camelie comprese sarebbero scomparse nel corso degli anni perché il clima stava cambiando (le mie camelie sono quasi tutte morte). E poi l’accostamento di piante diverse (la biodiversità) aiuta a mantenere un ambiente sano. Accostamento di piante diverse? Teoria dei colori? Accostamento da foglia, da fiore, una vuole un terreno più umido, l’altra più secco, se stanno bene assieme le foglie, i fiori no. Facile predicare, ma mettere in pratica diventava un dilemma. Quanta confusione!!! Una frase che ci diceva sempre: “imparate a guardare la natura, i colori come sono in armonia tra loro…”
Ultimamente non ci sono più le stagioni, si passa rapidamente da periodi di siccità a pioggia, grande freddo e grande caldo, mettendo a dura prova le piante.
In giardino è un continuo sperimentare, al posto delle betulle e della collina di sabbia, ho piantato arbusti di viburno, ibiscus, syringa persica, malus da fiore, peonie arbustive ed erbacee, rose, gaure, helleborus niger ed orientalis, narcisi, zephirante bianca, sternbergia lutea, hemerocallis (bulbose rustiche, che non danno lavoro e adopero come bordure). Sto inserendo le piante di una volta (bocche di leone, belle di notte), piante aromatiche e spontanee dei nostri prati: margherite, salvie, timo, perché crescano insieme. Mi piacciono molto le piante a foglia grigia, piante profumate e colori tenui. Ho rinunciato definitivamente alle Hoste. Cerco di fare “slow gardening”: non potature drastiche e pochissimo concime.
Sono sorpresa e felice quando scopro piante nuove che non avevo seminato, è nata un’orchidea spontanea, (orchide maggiore) quest’anno ha tre germogli, delle violette bianche che tanti anni fa andavo a raccogliere in un posto segreto, le petunie della nonna a fiore singolo, con molte sfumature che vanno dal lilla chiaro al blu/viola…
La natura come in un tacito accordo mi sta venendo incontro.
Riuscirà nel tempo il mio giardino a diventare un giardino naturale?
Luisa