Rame: riduzione dell’uso e sostituzione
Il 28 Gennaio 2010 presso l’istituto sperimentale di San Michele all’Adige esperti e ricercatori si sono riuniti per discutere dell’uso del rame in agricoltura biologica.
L’evento – organizzato dallo IAMB (Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari), in collaborazione con l’AIAB (Associazione ltaliana per l’Agricoltura Biologica), nell’ambito del progetto “lNTERBIO”, finanziato dal MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) in attuazione dell’Asse 1 – Azioni 1 e 2 del Programma di azione nazionale per I’agricoltura biologica e i prodotti biologici per gli anni 2005-2007 – è riuscito nell’intento di offrire un momento di confronto tra i più importanti istituti europei di ricerca in materia, confermando la dimensione internazionale del problema.
Le attuali autorizzazioni dei prodotti rameici, infatti, scadranno nel 2016 e l’orientamento ormai consolidato della Commissione Europea è quello di non concedere ulteriori proroghe.
Il possibile futuro divieto, che certamente desta qualche preoccupazione anche per quanto riguarda l’agricoltura convenzionale, ha da tempo messo in moto gli attori del comparto biologico in cerca di possibili soluzioni alternative da utilizzare nel controllo di una gran quantità di fitopatologie.
Il progetto REPCO
Una prima relazione di Luigi Guarrera dello IAMB ha offerto una panoramica dello stato dell’arte del quadro normativo europeo, riportando dati anche a nome di Maurizio Desantis, dirigente dello Sviris XI del MiPAAF.
L’expert meeting è poi entrato subito nel vivo del problema con l’intervento di Ilaria Pedot e Silvla Dagostin dell’istituto di S. Michele alI’Adige che hanno illustrato i risultati dei progetto di ricerca europeo REPCO, Incentrato sull’individuazione di possibili “alternative a rame”.
Nell’ambito di tale progetto sono stati testati per cinque anni (2003-2007) oltre 110 prodottidi diversa tipologia (prodotti di derivazione animale, derivati microbici, rocce di argilla, acidi e sali, derivati vegetali, ecc.).
Tra i prodotti degni di attenzione per la loro efficacia sono state segnalate alcune nuove formulazioni a basso contenuto di rame (es. gluconato di rame), il chitosano, il P.aureofaciens (microrganismo) e l’estratto di salvia.
Quest’ultimo prodotto, in particolare, lascia incoraggianti prospettive applicative avendo dimostrato una buona persistenza, seppur abbinata a qualche problema di dilavamento.
La ricerca in Francia
Monique Jonis dell’Itab ha, invece, riportato i contenuti del programma francese per la riduzione del rame.
La Jonis ha evidenziato, innanzitutto, gli effetti del rame sul suolo e come questi possano essere ridotti sensibilmente valutando preventivamente la struttura e il pH del terreno e, soprattutto, gestendo con accortezza dosaggi e tecniche d’applicazione del prodotto.
I nuovi limiti massimi imposti dal Governo francese – 4 kg/ha per anno e 0,75 kg/dose per singolo trattamento – risultano in ogni caso un obiettivo difficilmente raggiungibile dagli agricoltori francesi, se non correndo il rischio di mettere in pericolo le produzioni.
A preoccuparsi non sono esclusivamente i viticoltori, impegnati nella lotta alla peronospora, ma anche gli olivicoltori e i produttori di patata e pomodoro, alle prese con malattie fungine altrettanto diffuse.
Obiettivo ulteriore del programma francese, sulla scia di quanto fatto nell’ambito del progetto REPCO, è quello di testare nuovi prodotti, con particolare riferimento a estratti vegetali e olii essenziali.
…e in Germania
Studi analoghi sono stati eseguiti anche in Germania, come evidenziato da Uwe Hofmann di Eco-consult. I tedeschi, pur essendo stati i primi in Europa a fissare un quantitativo massimo ad ettaro per la distribuzione di prodotti rameici, si trovano oggi in difficoltà nel contrastare le malattie fungine più aggressive.
La Germania ha cosi messo a punto una strategia al fine di ottenere un’ulteriore riduzione del rame in un’ottica di breve, medio e lungo periodo.
Se nel breve termine gli sforzi sono concentrati nel migliorare i modelli previsionali delle malattie e le tecniche di applicazione, trasferendo nel contempo le nuove conoscenze agli operatori, gli obiettivi di medio-lungo periodo sono la selezione clonale di varietà resistenti e, ancora una volta, l’individuazlone e la sperimentazione di prodotti alternativi.
In merito a quest’ultimo argomento, la moderatrice Cristina Micheloni dell’AIAB, coinvolgendo non solo gli esperti ma anche gli imprenditori agricoli e i rappresentanti dell’industria dei mezzi tecnici presenti in sala, ha dato il via ad un interessante dibattito che ha messo in luce quali siano i due ostacoli principali allo sviluppo dei tanto auspicati prodotti alternativi al rame: le difficoltà riscontrate nel depositare i brevetti e, soprattutto, la lenlezza e i costi eccessivi della registrazione europea dei fitofarmaci.
Entrambi i fattori, infatti, impediscono all’industria – normalmente rappresentata da aziende di piccole dimensioni – di investire nel settore. Da qui l’esigenza espressamente dichiarata di un intervento delle istituzioni diretto al sostegno di una ricerca in cui sia coinvolta direttamente anche l’industria, al fine di ottenere nuovi prodotti a costi competitivi e commercializzati su larga scala.
Vite e Peronospora
Luisa Mattedi dell’istituto di San Michele ha illustrato i risultati delle indagini incentrate sullo sviluppo delle tecniche di difesa contro la peronospora della vite. La presentazione, in particolare, ha dimostrato che solo una conoscenza approfondita del territorio e del comportamento biologico del fungo consente di mettere a punto strategie agronomiche, diversificate a seconda della sensibilità delle zone, che consentano di abbattere in modo significativo l’utilizzo del rame.
Per quanto riguarda le prove sui prodotti alternativi, la Mattedi ha sottolineato l’efficacia dei fosfonati, al quali era stato dedicato un precedente convegno organizzato, sempre dallo IAMB, nel mese di giugno 2009.
L’istituto Statale per la Viticoltura di Friburgo, rappresentato da Volker Jorger, ha messo in evidenza i passi in avanti della ricerca nella selezione delle varietà resistenti, altro aspetto essenziale della strategia tedesca per la riduzione del rame.
L’istituto produce oltre 450 tipi di vino, alcuni dei quali con ottime prospettive di mercato, come quelli derivanti dalle nuove varietà Souvignier gris, Solaris o Monarch.
L’ultimo intervento internazionale, quello di Enric Bartra dell’istituto di Viticoltura della Catalogna ha, infine, delineato la strategia spagnola per la riduzione del rame, che appare comunque un problema limitato, per motivi climatici, quasi esclusivamente alla Galizia. Nel testare prodotti alternativi, gli spagnoli hanno individuato nel mycosin (polvere di argilla e pietra) e nel fosfito di potassio possibili candidali a rimpiazzare il discusso metallo.
Frutticoltura
Tornando nuovamente sul tema delle “alternative al rame“, Markus Kelderer del Centro Sperimentale Laimburg ha fatto il punto della situazione relativamente alla frutticoltura.
L’interesse di settore è questa volta incentrato, oltre che sui fosfonati e sulle argille acide, soprattutto sul polifosfuro di calcio. Kelderer, tuttavia, ha evidenziato nuovamente come, anche in questo caso, le aziende produttrici dei mezzi tecnici abbiano deciso di ritirare le richieste di registrazione proprio a causa della procedura prevista. Questa, infatti, risulta sproporzionata, per costi e contenuti richiesti nei dossier, se applicata a prodotti naturali, innocui per l’ambiente e prodotti su piccola scala.
L’esperto ha, inoltre, segnalato che alcuni paesi europei hanno risolto il problema catalogando alcuni di questi prodotti alternativi (es. argille o carbonati) come “corroboranti”, non soggetti alle norme sui fitofarmaci vigenti all’interno dei Paesi UE.
Orticoltura
L’importanza del rame anche per la difesa delle produzioni orticole è stata messa in luce da Bernhard Speiser del FIBL, autorevole istituto elvetico specializzato nella ricerca in agricoltura biologica.
Speiser ha fatto il quadro degli ultimi risultati della sperimentazione, con particolare riferimento a tecniche agronomiche, metodi di difesa e varietà resistenti, che consentirebbero l’abbattimento dell’utilizzo del rame nella coltivazione della patata. Grandi passi in avanti ha fatto il FIBL soprattutto sul fronte del miglioramento dei formulati a base di rame e del perfezionamento delle macchine per la distribuzione, al fine, rispettivamente, di limitare il dilavamento e ridurre al minimo l’effetto deriva. Le prove sui possibili prodotti alternativi al rame, invece, hanno dato risultati finora deludenti.
L’incontro di esperti è così riuscito a dare una panoramica completa dell’enorme lavoro di ricerca svolto in Europa al fine di trovare possibili soluzioni che consentano all’agricoltura di arrivare preparala al sempre più probabile futuro addio al rame.
Conclusioni
Nonostante i grandi sforzi messi in campo e i risultati ottenuti nella riduzione dei quantitativi utilizzati, tuttavia, l’impressione è che l’agricoltura, anche convenzionale, ancora oggi non possa fare del tutto a meno di questa sostanza, soprattutto in annate caratterizzate da avverse condizioni climatiche, come il 2008.
Da molti, infatti, è stato evidenziato come il rame svolga un’azione non solo fungicida ma anche di prevenzione nei confronti di importanti infezioni batteriche e assuma una funzione chiave nel metabolismo delle piante.
è emersa, d’altro canto, la possibilità di ridurre ulteriormente, nel medio periodo, i quantitativi di rame utilizzati applicando la distribuzione a filari alternati e basso dosaggio o utilizzando macchine irroratrici a recupero del prodotto che consentono di risparmiare oltre il 40% di rame in un anno.
I tentativi di individuare prodotti alternativi al rame hanno dato alcuni risultati apprezzabili, ma chiara e precisa è stata la richiesta del mondo della ricerca: occorre con urgenza trovare una sinergia tra istituzioni, istituti di ricerca, mondo produttivo agricolo e industriale per far si che le molecole selezionate nei laboratori raggiungano gli operatori sotto forma di formulati registrati, commercializzati in modo diffuso ed efficaci in pieno campo.
Idea da prendere in considerazione, infine, è quella di proporre una corsia preferenziale per la registrazione europea di prodotti naturali, innocui per l’ambiente e destinati al biologico.
Il rappresentante della Commissione Europea – DG Agri, Stefano Cinti, nel far presente che la soluzione ipolizzata richiederebbe una sostanziale modifica dell’impianto normativo, ha messo in luce che alcune possibilità di semplificazione potrebbero essere individuate anche nell’ambito dell’attuale quadro normativo. Quel che è certo, ad ogni modo, è che ad oggi non è possibile fare a meno del rame se non a rischio di mettere in crisi il sistema produttivo biologico, come sta avvenendo in Danimarca, Olanda e Norvegia a causa di normative più restrittive delle nostre.
Articolo di Giacomo Mocciaro Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ufficio Agricoltura Biologica (SAO 10),
g.mocciaro@politicheagricole.gov.it
Articolo tratto da Bioagricultura – dal campo alla tavola, salute e gusto
n. 120 marzo/aprile 2010