Un ricordo del professor Viatori
Il prof. Viatori se n’è andato, e con lui l’entusiasmo che alla fine dell’inverno cominciava a salire dentro di noi al pensiero che di lì a poco avremmo fatto visita, come ogni primavera, al suo giardino-parco in fioritura.
Sembrava un burbero Luciano, Lucio per gli amici, che però diventava ironico e sornione quando si rendeva conto di avere di fronte persone realmente appassionate al mondo delle piante, e non semplici passeggiatori della domenica. Apriva le porte del suo regno con generosità durante la bella stagione, per gruppi organizzati che si prenotavano, studenti universitari, amici o gente comune che passava di lì, tutti desiderosi di vedere la sua collina ricoperta di magnolie e il suo sottobosco di azalee e rododendri (circa 400 varietà diverse), fatti testardamente acclimatare sulle sue scarpate grazie ad anni e anni di pacciamatura di truciolo.
Ma c’era molto altro nel suo giardino: i ciliegi e i meli da fiore, i Cornus, la valletta di Hosta e Hemerocallis su cui troneggiava uno splendido esemplare di Magnolia macrophylla, il laghetto colmo di ninfee e Iris pseudacorus su cui si appoggiava un morbido Salix ‘Hakuro-nishiki’, le macchie di spiree, Deutzia, Kolkwitzia, filadelfi, lillà e peonie, le bordure punteggiate di perenni come Iris, Geranium e Tiarella, gli alberi vicino casa avviluppati da rose sarmentose come la Rosa banksiae lutea, la serra per lo sfizio di qualche pianta non rustica come variopinte Bouganvillea e Jacaranda.
Era il nostro rifugio dall’ignoranza di un mondo frettoloso e scostante verso la vita delle piante.
Perché Lucio non era mai appagato, la sua curiosità di piantare e veder fiorire qualcosa di nuovo era contagiosa: ordinava esemplari da cataloghi di tutto il mondo, spesso piante rare che da noi sarebbero arrivate molti anni dopo, come del resto era già successo in partenza per le azalee, non certo diffuse quando lui cominciò a collezionarle.
Quando i vivai più evoluti iniziavano a presentare le prime Magnolia ‘Yellow Bird’ lui aveva già un bell’esemplare adulto nel suo giardino, inserito in un contesto di altri alberi, arbusti ed erbacee così da poter apprezzare anche gli accostamenti che se ne potevano fare. Che ti veniva da chiederti: come avrà fatto a pensarci 10 anni prima degli altri? E così con tutto il resto. Moltissime piante erano cartellinate, un altro enorme lavoro che Lucio aveva fatto con dedizione; così potevamo anche noi imparare nel nostro piccolo Kew Gardens.
Era la nostra scuola, senza tasse di iscrizione, targhette dorate all’ingresso o diplomi altisonanti.
Le rose inizialmente non erano per lui: con tutte quelle spine e quella forma di cespugli poco aggraziati, amava dire, come potevano rivaleggiare con le sue amate azalee? Negli ultimi anni aveva ceduto però alla tentazione di piantarne diverse varietà, lottando contro erbe infestanti ed esigenze di manutenzione. Esigenze che di recente si facevano sempre più difficili da soddisfare, per via delle stagioni matte e disperatissime che tra gelate, alluvioni e tremende siccità avevano causato prima una frana di parte dei suoi terrazzamenti, poi la morte di diverse azalee, con il risultato di grossi buchi nei suoi enormi cuscini fioriti. Aveva dovuto risistemare il terreno franato, piantare nuove varietà più resistenti a esigue quantità d’acqua, ma andava avanti sempre, con la pazienza e la perseveranza del vero giardiniere. Ecco ciò che lui era davvero, manualmente bravissimo nell’innestare alberi come nel trapiantare, dividere, curare: andava fiero delle Magnolia campbellii che aveva comprato sul Lago Maggiore, e di cui raccontava di aver aspettato pazientemente per 15 anni il primo fiore. Eppure forse il giardino, come già molti di noi hanno osservato, cominciava lentamente a dare i segni di quella fatica e di quelle difficoltà che erano le sue, quasi a volersene andare con lui.
Ci mancherà l’atmosfera irreale che ci pervadeva quando varcavamo quel cancello e percorrevamo la valle delle azalee in prossimità del bosco, o guardavamo il panorama della città dall’alto, quella sensazione di gioia e di pace con la Natura, quella bellezza che non si può raccontare e che non si può capire se non si è conosciuto Lucio.
Era un angolo di Paradiso per la nostra anima.
Ecco, forse l’unico sollievo è proprio la fortuna di aver conosciuto in tempo Lucio e il suo giardino, anche se rimane forte la preoccupazione per quel luogo eccezionale, tante volte descritto e fotografato da riviste patinate e giornalisti, il cui destino è ora molto incerto. Come può morire un giardino così?
[Il Direttivo]